Il grande interesse per il problema “Scompenso Cardiaco” da parte del diabetologo è nato in questi ultimi anni ed è legato soprattutto alla disponibilità di nuovi farmaci antidiabetici che hanno dimostrato un evidente beneficio nella riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e riduzione della mortalità cardiovascolare.
I pazienti con diabete mellito hanno oltre il doppio del rischio di sviluppo di SC rispetto ai pazienti senza diabete. Dallo studio Framingham si evince che il diabete aumenta il rischio di scompenso cardiaco fino a 2 volte negli uomini e 5 volte nelle donne rispetto ai controlli di pari età. Inoltre il 12% dei pazienti con DMT2 è affetto da scompenso cardiaco ed il 30% dei ricoverati per scompenso cardiaco è diabetico.
Il ricovero per SC è associato a tassi molto elevati sia di mortalità post-dimissione sia di nuovi ricoveri. I tassi di riammissione per i pazienti clinicamente stabili dimessi di recente dopo un ricovero per SC sono circa del 25% a 6 mesi e la mortalità per tutte le cause supera il 30% a 1 anno. In particolare, nei pazienti con diabete ospedalizzati si osserva una prognosi peggiore e una degenza ospedaliera più lunga.
C’è una stretta correlazione tra compenso metabolico e SC infatti nei pazienti con diabete un aumento dell’1% dell’emoglobina glicosilata è associato ad un aumento dell’8% del rischio di SC e ancora il miglioramento dell’assetto glicometabolico riduce il rischio di SC (nell’UKPDS la riduzione dell’1% di HbA1c era associata a una riduzione del 16% del rischio di comparsa di SC).
PAROLE CHIAVE T2DM; scompenso cardiaco; SGLT2 inibitori; cardiomiopatia diabetica.