Oltre il calo ponderale: come si modifica il rischio cardio-vascolare

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Negli ultimi anni, la perdita di peso è stata riconosciuta come uno strumento terapeutico cardine nella riduzione del rischio cardiovascolare, attraverso meccanismi dose-dipendenti e multifattoriali. Anche un calo ponderale modesto (5–10%) è in grado di migliorare numerosi fattori di rischio cardiometabolico, mentre perdite superiori al 10–15% si associano a benefici più ampi, tra cui la riduzione della mortalità. Evidenze da trial clinici come DPP, Look AHEAD e SOS hanno confermato l’impatto del dimagrimento sull’assetto glicolipidico, sulla steatosi epatica e sulla sindrome dell’apnea ostruttiva del sonno.

Le innovative terapie per la cura dell’obesità come semaglutide e tirzepatide hanno dimostrato di ridurre eventi cardiovascolari maggiori e scompenso cardiaco, con effetti precoci e in parte indipendenti dalla perdita di peso. Studi randomizzati e real-world suggeriscono che tali farmaci agiscono anche sul grasso ectopico, sul profilo infiammatorio sistemico e sullo stato protrombotico, ridefinendo l’approccio alla prevenzione cardiovascolare nella popolazione con obesità.

PAROLE CHIAVE obesità, mortalità, scompenso cardiaco, prevenzione cardiovascolare, GLP1-Ras.

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